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Santi del 28 Ottobre

Il mio Santo > I Santi di Ottobre

*Beato Bononato de Prexano (28 ottobre)

Insigne mercedario per pietà e scienza, il Beato Bononato de Prexano, religioso dei convento di Sant'Eulalia in Barcellona (Spagna), ne fu anche il priore per ben 41 anni.
Nel 1343 riunì il capitolo dove fu nominato Maestro Generale il Venerabile Vincenzo Riera suo compatriota.
La sua vita non fu altro che un seguito di azioni sante e meritorie fino alla morte che giunse in età avanzata sotto il generalato di Nicola Perez, il quale gli testimoniò sempre una grande venerazione per tutti i buoni esempi che ne ebbe.
Inoltre negli antichi codici dell'Ordine si legge che non si é mai trovato nessuno come lui che conservasse la legge dell'Altissimo.
L'Ordine lo festeggia il 28 ottobre.  
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Bononato de Prexano, pregate per noi.

*Santa Cirilla di Roma - Vergine e Martire (28 ottobre)

Sec. III
Emblema:
Palma
Il nome di Cirillo appartiene ad un gruppo di derivati dal nome di Ciro: Ciriaco, Ciriano, Cirino e Cirillo. E il nome di Ciro, d'origine, sembra, persiana, sarebbe il corrispondente del greco Kyros, che significa "comando" e di Kyrios, che significa "signore".
Non per nulla era il nome preferito dai sovrani persiani, e tutti ricorderanno quel Ciro, fondatore d'uno dei più grandi Imperi orientali e che restituì agli Israeliti la libertà perduta durante la cosiddetta "schiavitù di Babilonia".
"Mortale, - fu scritto sulla sua tomba - io sono Ciro, che assicurai ai Persiani la dominazione e governai l'Asia; non m'invidiare la tomba".
Dal suo nome, certamente invidiato, derivarono quelli che abbiamo elencato, fra i quali Cirillo è un diminutivo, che parrebbe più adatto ad una donna che ad un uomo. Infatti, il nome di Cirilla fu diffuso nell'antichità, e portato con femminile grazia.
Quello di Cirillo venne illustrato da uomini di grande statura intellettuale e morale, e altrove
abbiamo avuto occasione di parlare di due Santi, veri luminari della Chiesa orientale. Il primo, San Cirillo d'Alessandria, fu l'avversario di Nestorio, e venne chiamato "l'invitto difensore della divina maternità della Vergine".
Il secondo, col fratello Metodio, fu l'evangelizzatore della Moravia e dei popoli slavi.
Il suo nome è restato a quella particolare scrittura che egli inventò per tradurre in segni la difficilissima lingua slava, e quei caratteri alfabetici sono ancora detti "cirillici".
A questi due luminosi personaggi corrispondono, nel Calendario cristiano, due quasi oscure donne dello stesso nome. Oscure come fama, ma luminosissime come santità, perché tutt'e due Martiri e degne d'appartenere al Regno immortale di Cristo.
La prima Santa Cirilla del Calendario è una vedova, commemorata il 5 giugno. Era una cristiana di Cirene, nella Libia, e durante la persecuzione di Massimino, verso il 300, fu invitata a sacrificare dinanzi agli idoli pagani. Poiché ella rifiutò, le furono messi in mano alcuni carboni ardenti e dell'incenso, nella speranza ch'ella gettasse tutto nel braciere, per non scottarsi. Con quel gesto, ella avrebbe, almeno formalmente, consumato il sacrificio pagano.
Ma la donna fu più forte di quello che i suoi martirizzatori credevano. Chiuse il pugno della mano, facendosi cuocere la carne, piuttosto che sacrificare.
Questo non fu che l'inizio della sua tortura, che terminò sotto i raffi, coi quali la carne di Santa Cirilla venne strappata a brandelli, finché la donna non rese l'anima, avvolta nel rosso mantello del Re dei Re.
La seconda è quella commemorata oggi, una Santa Cirilla romana, dei III secolo, battezzata con la madre Trifonia e con la madre martirizzata perché cristiana.
Una leggenda che ebbe una certa diffusione, narrava come i parenti pagani avessero voluto darle uno sposo.
Ella avrebbe risposto, come tante altre Vergini, che il suo sposo era troppo più nobile e più ricco.
Si trattava di quel Gesù Cristo che molti pagani ancora dileggiavano, ma che nell'anima di Cirilla già splendeva in tutta la magnificenza della sua universale regalità.
(Fonte: Archivio della Parrocchia)
Giaculatoria - Santa Cirilla di Roma, pregate per noi.

*San Cirillo - Venerato a Cellio (28 ottobre)

Nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo di Cellio, amena località montana della bassa Valsesia, sono venerate le reliquie di San Cirillo, presunto martire romano divenuto compatrono del paese.
Il Ravelli, storico valsesiano degli anni venti del novecento, afferma che esso giunse nella località Valsesiana come dono del conte Giuseppe Gere su interessamento di padre Michelangelo, un religioso cappuccino originario del posto, ma tali indicazioni risultano soltanto parzialmente esatte, infatti, da un confronto con i documenti esistenti presso l’archivio parrocchiale, in cui non compare mai la figura del frate cappuccino, la vicenda può essere ricostruita diversamente e con più esattezza.
Il conte Giuseppe Leopoldo Gera di Milano donò i resti di Cirillo a don Giovanni Antonio Rosario, uno dei due sacerdoti del paese, egli li aveva ottenuti da monsignor Giuseppe Cesare Aquilano, prefetto della Sacrestia Apostolica, che ne autenticò la provenienza dal cimitero di Ciriaca il 2 settembre 1675.
Il 23 marzo dell’anno seguente 1676 presso la curia di Novara, venne compiuto il riconoscimento del contenuto della cassetta giunta da Roma, alla presenza del vicario generale don Leonardo Sirturo e dei canonici penitenzieri don Giuseppe Carelli e don Giorgio Bussi, convocati in qualità di testimoni.
Un ultima ricognizione venne eseguita il 26 luglio successivo nella chiesa parrocchiale di Cellio, davanti al parroco di Castagnola don Carlo Antonio Giuliani, allora vicario foraneo di Valduggia, al viceparroco di Arlezze don Giovanni Antonio Milone, al cappellano di Tairano don Giacomo Galloni e a quello di Valmonfredo don Francesco Resegotti.
Della composizione delle ossa nell’urna venne incaricato padre Marco da Lomazzo, religioso cappuccino, unico personaggio di tale ordine che compare nelle fonti d’archivio. Anche per quanto riguarda la data del trasporto del corpo santo da Roma esistono delle discordanze: non è esatta quella del 1680, riportata nell’opera del Lana, storico valsesiano dell’ottocento, l’arrivo avvenne già nel 1676, come riferito sia dal Ravelli, che stranamente differisce dal Lana, sia dal Manni.
Inoltre, il resoconto della visita pastorale del vescovo Visconti, compiuta il 18 ottobre di quell’anno, testimonia che già vi era nella chiesa la reliquia: è riportata, infatti, l’indicazione di far indorare la cornice dell’altare di San Cirillo. Una tale specifica dedicazione non può essere giustificata se non già dalla presenza del corpo santo, che viene ulteriormente confermata l’anno successivo in un inventario. La sistemazione della reliquia risulta essere da subito quella attuale nell’omonima cappella, all’interno di un altare che presenta una ricca ancona di legno dorato e dipinto, organizzata i due spazi: quello inferiore, in cui è collocata l’urna che custodisce il corpo di Cirillo e quello superiore con una tela che ne rappresenta il presunto martirio.
Manca una diretta documentazione circa gli autori dell’opera, tuttavia, almeno per l’esecuzione degli intagli lignei, è possibile indicare il nome di Giovanni Giacomo Fantino, il cui lavoro è documentato per l’altare di San Bonifacio nella parrocchiale di Zuccaro che presenta molte analogie, sia strutturali sia decorative, con questo di Cirillo di poco anteriore.
Nel 1677 i resti di quello che è creduto il sangue versato dal presunto martire vengono sistemati in un reliquiario di legno, poi sostituito nel 1741 con quello di rame argentato che ancora si può vedere; l’urna originale è stata sostituita nel 1904 con quella attuale, eseguita però sul modello della precedente, riutilizzandone anche i fregi in argento ed i vetri. Recentemente, nel 1995, grazie alla sensibilità del parroco locale, il cranio di Cirillo è stato ricoperto da un’artistica maschera in argento, opera della scuola artistica milanese “Beato Angelico”, in tale occasione si è anche provveduto alla pulizia dell’abito da soldato romano che riveste il resto del corpo santo. Circa
l’identificazione delle reliquie di Cirillo è stato compiuto un errore agiografico molto grave, segno di una superficiale indagine delle fonti, sia documentarie sia iconografiche: in uno studio recente avente per oggetto la chiesa parrocchiale di Cellio, esse vengono attribuite addirittura all’omonimo santo vescovo e patriarca di Alessandria d’Egitto (370 – 444), del quale vengono anche riportate delle note biografiche.
É impossibile determinare su quali basi si sia potuta formulare una simile ipotesi, tanto originale quanto errata, nessuna fonte, infatti, riporta indicazioni che potrebbero contribuire ad avvalorarla. Nei documenti relativi, il corpo santo viene detto appartenere piuttosto al San Cirillo di cui si fa memoria nel martirologio al 28 ottobre.
Anche questa indicazione non può essere accettata senza riserve: riguardo a questo personaggio, ucciso con la vergine Anastasia per averle offerto dell’acqua da bere durante il suo martirio, si posseggono solamente fonti leggendarie, di cui è impossibile verificare l’autenticità, inoltre mancano indicazioni che possano collegare la sua eventuale sepoltura con il cimitero del Verano. Attualmente, nella catacomba di Ciriaca, cui si accede dal chiostro del convento annesso alla basilica di San Lorenzo, è murata, tra le tante, anche una lastra che reca inciso il nome di Cirillo, impossibile però determinare se fosse quella che chiudeva il loculo del corpo santo in questione, definito di nome proprio nell’autentica che accompagnò il suo trasporto fino a Cellio.
Sulla base dell’identificazione di cui si è detto, la festa in onore di Cirillo venne fissata all’ultima domenica di ottobre, come ancora avviene; tale celebrazione riveste maggior importanza ogni cinque anni, quando l’urna viene portata in processione per le vie del paese.
Trasporti eccezionali delle reliquie sono stati compiuti anche il 12 agosto 1945 in ringraziamento per la fine della guerra e, precedentemente, nel 1905 per inaugurare il rifacimento dell’urna; di quest’ultimo avvenimento sono testimonianza due lapidi conservate nella chiesa: in una sono state riportate le parole della prima strofa dell’inno latino dedicato ai martiri, nell’altra si garantisce al “santo” che Cellio gli tributerà gli onori non ricevuti a Roma: DIVO CIRILLO – VICTORI INCLITO – QUOS CAPITOLIUM RENUIT – CELLIUM AGIT TRIUMPHOS.
La devozione nei confronti del compatrono della comunità celliese è testimoniata anche dalla frequenza dei nomi Cirillo e Cirilla, che fino a tutto l’ottocento venivano imposti ai nati del luogo.
(Autore: Damiano Pomi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cirillo, pregate per noi.  

*San Diomede il Giovane (28 ottobre)
Sec. IV
Nato a Leucopoli (Cipro). Vissuto nel IV sec., fu educato dal vescovo San Trifillio.
Crebbe virtuoso e dotato del dono dei miracoli. Si narra che essendo Cipro assalita dai Saraceni, con un segno di croce non dominò quei predoni ma li convertì al cristianesimo.
Morì il 28 ottobre ed è festeggiato in tale giorno.
Ben presto sorse in suo onore una chiesa tuttora meta di pellegrinaggi.
(Fonte: Terra Santa)
Giaculatoria - San Diomede il Giovane, pregate per noi.

*Sant'Elio di Lione - Vescovo (28 ottobre)

Etimologia: Elio = come il sole, splendente, dal greco
Emblema: Bastone pastorale
Nelle antiche liste episcopali di Lione occupa il quarto posto, dopo Fotino o Potino, morto per fede nel 177, Ireneo, morto verso il 195, e Zaccaria, successore di Ireneo, e prima di Faustino, che viveva nel 254.
San Gregorio di Tours, che visitò il suo sepolcro, dice che "tempore paganorum in hac civitate fuit episcopus".
É ricordato il 228 ottobre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Elio di Lione, pregate per noi.

*San Farone di Meaux - Vescovo (28 ottobre)
+ 670
Persuaso da sua sorella, Santa Fara, abbandonò la corte per servire solamente Dio. Nominato vescovo di Meaux in Francia, si dedicò alla conversione dei pagani, eresse parrocchie e fondò monasteri.
Martirologio Romano: A Meaux ancora in Neustria, San Farone, vescovo, che, dopo essere stato domestico del re, indotto da sua sorella Santa Fara a servire Dio in pienezza, persuase sua moglie a prendere il velo delle consacrate, per potere essere così lui stesso ammesso nel clero; chiamato al governo pastorale, dotò la Chiesa di generose donazioni, eresse parrocchie e sostenne i monasteri.
Si possiede una Vita di Farone, molto particolareggiata, scritta nell'869 da Ildegario, vescovo di Meaux, ma per disgrazia essa è largamente leggendaria, cosicché bisogna appoggiarsi soprattutto su magre fonti d'archivio per descriverne la vita.
Farone fu referendario, ossia cancelliere, del re Dagoberto, ed appare in questa qualità in una carta del 629.
Poco dopo questa data divenne vescovo di Meaux, e, in ogni caso, prima del 637-38, poiché in quest'epoca concesse un privilegio alla chiesa di Rebais.
Il suo episcopato si prolungò molto: sottoscrisse nel 660 una carta in favore di Saint-Pierre-le-Vif; nel 664 un'altra per Corbie; nel 667 una terza per Sainte-Marie-de-Soissons.
Secondo Beda il Venerabile, Farone ricevé a Meaux nel 668-69 l'arcivescovo Teodoro di Canterbury, che tornava da Roma con l'abate Adriano. Si ignora la data della sua morte.
Fu sepolto nell'abbazia di Saint-Croix, a Meaux, che, secondo Ildegario, aveva fondato e che prese più tardi il suo nome. La sua festa è iscritta il 28 ott. nei martirologi dalla metà del secolo IX.
(Autore: Henri Platelle - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Farone di Meaux, pregate per noi.


*San Fedele di Como - Martire (28 ottobre)  

Sec. III
Emblema:
Palma
Martirologio Romano: Nei pressi di Como, san Fedele, martire.
Il nome di Fedele è spesso ripetuto a Como, dove un'antica, bellissima chiesa romanica, con absidi e cupola, è intitolata al Santo di oggi. Un Santo quindi tipico della regione e della città lariana, quasi quanto Sant'Abbondio, Patrono di Como.
Fedele fu Martire nei primi secoli, e le notizie sul suo conto sono assai più scarse di quanto lascerebbe credere la sua chiara fama. Probabilmente fu un missionario cristiano, inviato dal Vescovo di Milano sulle rive dei lago, ancora abitato da infedeli. Infatti, una Passione un po' tarda
fa il nome di Materno, Vescovo di Milano, il quale, nel III secolo, avrebbe mandato Fedele a convertire gl'idolatri delle Prealpi retiche.
Predicando e insegnando, San Fedele sarebbe giunto fino all'estremità settentrionale del bacino lacustre, verso Chiavenna. Qui avrebbe sofferto la rapida morte, forse nella persecuzione di Diocleziano.
Un'altra tradizione lo dice invece soldato delle Legioni imperiali, disertore, con due compagni, quando Diocleziano e Massimiano pubblicarono i primi editti di persecuzione contro i cristiani, miranti a epurare l'esercito e a porre sotto inchiesta i pubblici funzionari.
Arrestato a Como, Fedele vi sarebbe stato processato, condannato e infine decapitato.
Dopo la morte, gli accenni a San Fedele sono, se non più numerosi, almeno più precisi. Ennodio, narrando la vita di Sant'Antonio di Lérins, ricorda che il suo primo rifugio fu presso la sepoltura di San Felice, dove, egli aggiunge," il Lario depone la minaccia dei suoi bianchi arieti, quando la terra gli oppone il duro freno delle rive ".
Tale descrizione può far pensare che la sepoltura del Martire sia stata effettivamente a Como, nell'estremità più stretta e più ripida del grande lago, spesso tempestoso.
Ma altre fonti testimoniano in favore della sepoltura di San Fedele a Samolaco, cioè all'altra estremità del lago, nel luogo stesso della decapitazione.
Certo è che già prima del Mille, le reliquie di San Fedele furono trasferite a Como, in quella chiesa - fino allora intitolata a Santa Eufemia, - che doveva assumere il nome del Martire, e onorarlo nei secoli.
Ma sembrava che la gloria della città in riva al lago non fosse sufficiente per l'antico Martire. Nel 1572, San Carlo Borromeo ne trasportò solennemente i resti a Milano, in una chiesa allora costruita nel centro della città.
E nel nome della Chiesa di San Fedele, il ricordo del Martire di Como sopravvive anche nella metropoli lombarda, da dove egli era partito missionario fiducioso e fedele.
Nella diocesi di Como la sua memoria si celebra il 29 ottobre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Fedele di Como, pregate per noi.


*San Ferruccio di Magonza - Martire (28 ottobre)  

Militava nell'esercito imperiale romano di stanza a Magonza, quando, convertitosi al cristianesimo e deposte le armi, fu arrestato, torturato e lasciato morire lentamente di fame in carcere in una località sulle rive del Reno, corrispondente all'odierna Kastel.
L'epoca del suo martirio rimane, comunque, sconosciuta, anche se si collocherebbe ipoteticamente attorno agli inizi del IV secolo durante la persecuzione di Diocleziano. Sepolto sul luogo stesso della sua morte, il corpo di Ferruccio fu traslato nel 778 dall'arcivescovo di Magonza, san Lullo, nella chiesa del neo-eretto monastero benedettino di Bleidenstadt, da lui stesso fondato a pochi chilometri dalla città.
Un successore, l'arcivescovo Riculfo, provvide, nell'812, a far ornare il sepolcro e lo arricchì di di una iscrizione, con un elogio del martire a cui venne intitolata la chiesa. Ancora oggi la parrocchia locale, pur avendo perso le reliquie del santo tra la Guerra dei Trent'anni e un incendio nel 1793. Anche l'arcivescovo Rabano Mauro (IX sec.) compose successivamente un epigramma laudativo in onore di Ferruccio.  (Avvenire)
Etimologia: Ferruccio = uomo tutto di un pezzo
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Magonza nella Gallia belgica, nell’odierna Germania, San Ferruccio, martire, che, lasciato l’esercito per servire Cristo più liberamente e opportunamente, si tramanda sia morto martire.
Militava nell'esercito imperiale romano di stanza a Magonza, allorché, convertitosi al cristianesimo e deposte le armi, fu arrestato, torturato e lasciato morire lentamente di fame in carcere in una località sulle rive del Reno, corrispondente all'odierna Kastel.
L'epoca del suo martirio rimane, comunque, sconosciuta, potendosi tuttavia assegnare, forse, agli
inizi del sec. IV durante la fiera persecuzione di Diocleziano, quando venne martirizzato un considerevole numero di soldati romani cristiani.
Sepolto sul luogo stesso della sua gloriosa morte, il corpo di Ferruccio fu traslato nel 778 dall'arcivescovo di Magonza, San Lullo, nella chiesa del neo-eretto monastero benedettino di Bleidenstadt, da lui stesso fondato a pochi km dalla città, per essere deposto in un più degno sepolcro, che il successore, arcivescovo Riculfo, provvide, nell'812, a far artisticamente ornare ed arricchire di una iscrizione metrica, contenente un elogio del martire moguntino; al suo nome venne altresì intitolata la chiesa stessa.
Anche l'arcivescovo Rabano Mauro (m. 856) compose successivamente un epigramma laudativo in onore di San Ferruccio, ai meriti del quale nulla aggiunse, peraltro, la lunga passio redatta, all'inizio della seconda metà del sec. IX, da Meginardo, monaco a Fulda, dietro istanza dell'abate di Bleidenstadt, Adalgero.
Perite per la maggior parte nel 1632, allorquando la chiesa del monastero di Bleidenstadt fu distrutta durante la guerra dei Trent'anni, le reliquie del martire Ferruccio, conservate per quel che se ne era salvato presso i Gesuiti di Magonza, andarono purtroppo definitivamente perdute nel 1793 nell'incendio appiccato dai soldati francesi.
La festa di San Ferruccio ricorre il 28 ottobre, com'è riportato nel Martirologio Romano, dove, tra i santi commemorati in quel giorno, leggesi: "Moguntiae, sancti Ferrutii martyris".
(Autore: Niccolò Del Re - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ferruccio di Magonza, pregate per noi.

*San Francesco Diaz del Rincón - Domenicano, Martire  (28 ottobre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Martiri Cinesi” (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni)

Ecíja (Andalusia), 2 ottobre 1713 – Fuchen (Cina), 28 ottobre 1748
Martirologio Romano:
Nel Fujian in Cina, Santi martiri Francesco Serrano, vescovo, e Gioacchino Royo, Giovanni Alcober e Francesco Díaz del Rincón, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che confermarono la stessa fede affrontando lo stesso martirio.
La presenza del Cristianesimo e segnatamente del Cattolicesimo, ha avuto sin dal XII secolo, nel quale cominciò ad affacciarsi in Cina, degli alti e bassi e purtroppo anche ricorrenti sanguinose persecuzioni, con centinaia di missionari e migliaia di fedeli uccisi in odio alla fede cristiana.
Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano san Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero
o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di Papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi, dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.
Padre Francesco Diaz del Rincón nacque a Ecíja nell’Andalusia, il 2 ottobre 1713 e a 17 anni entrò fra i figli di San Domenico nel convento dei Ss. Paolo e Domenico della sua città natale.
Fece la sua professione il 12 settembre 1731, quattro anni dopo nel 1735, spinto dalla sua fervente vocazione missionaria era già nelle Filippine, da dove poco tempo dopo raggiunse la Cina e più specificamente il Fukien, dove lavorò nelle Missioni locali.
A causa della persecuzione in atto contro i missionari e i cristiani, fu arrestato e processato a Fuchen e condannato a morte insieme ai quattro confratelli conterranei sopra elencati.
La sentenza mediante strangolamento, fu eseguita la sera del 28 ottobre 1748 dopo circa due anni di carcere, aveva 35 anni ed era il più giovane del gruppo dei domenicani martiri.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di S. Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da Papa Leone XIII e canonizzati da Papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Francesco Diaz del Rincón, pregate per noi.

*San Francesco Serrano – Domenicano, Vescovo e Martire (28 ottobre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Martiri Cinesi” (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni)

Guenejea (Granada), 3 dicembre 1695 – Fuchen (Cina), 28 ottobre 1748
Martirologio Romano:
Nel Fujian in Cina, Santi martiri Francesco Serrano, vescovo, e Gioacchino Royo, Giovanni Alcober e Francesco Díaz del Rincón, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che confermarono la stessa fede affrontando lo stesso martirio.
La presenza del Cristianesimo e segnatamente del Cattolicesimo, ha avuto sin dal XII secolo, nel quale cominciò ad affacciarsi in Cina, degli alti e bassi e purtroppo anche ricorrenti sanguinose persecuzioni, con centinaia di missionari e migliaia di fedeli uccisi in odio alla fede cristiana.
Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano San Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con
Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di Papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi, dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.
Il vescovo domenicano Francesco Serrano, nacque a Guenejea (Granada) il 3 dicembre del 1695. A 18 anni entrò nel convento di Santa Croce dell’Ordine dei Predicatori in Granada, dove fece la sua professione religiosa il 22 aprile 1714.
Acceso dell’ardente desiderio di essere missionario, fece richiesta di essere assegnato alle missioni della Cina; nell’immenso impero asiatico, che tanta attrattiva aveva sugli europei e soprattutto sui missionari, padre Francesco Serrano trascorse oltre 20 anni di intenso apostolato.
Nel 1746 fu nominato vescovo titolare di Tipasa e coadiutore del vicario apostolico del Fukien, mons. Pietro Sanz; purtroppo la sua opera di pastore di anime nella fervente e cristiana provincia cinese durò poco, perché verso la fine del 1746 fu arrestato dai fautori della persecuzione anticristiana e antimissionaria in atto, insieme ad altri quattro domenicani sopra citati, fra i quali il vescovo Sanz.
Processato, venne condannato con loro alla pena capitale il 18 dicembre 1746; dopo un periodo di detenzione di circa due anni, insieme ai tre confratelli rimasti, il vescovo Sanz era stato giustiziato un anno prima, subì il martirio mediante soffocamento, la sera del 28 ottobre 1748.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di S. Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da Papa Leone XIII e canonizzati da Papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Francesco Serrano, pregate per noi.

*Beato Gallo (o Gregorio) - Francescano (28 ottobre)

† 1335
Il Beato Gallo (Gregorio) è un frate minore della provincia d’Ungheria vissuto nel XIV secolo.  Secondo il “Catalogus Sanctorum Minorum” scritto da P. Leonardo Lemmens e pubblicato nel 1903, il Beato Gallo si chiamava Gregorio.

Su di lui sappiano poco. Lettore di sacra teologia, è ricordato negli annali francescani per la santità della sua vita.
Si crede sia morto intorno all’anno 1335 a Esztergom.
Sul beato Gallo si ricordano numerosi prodigi e miracoli operati con la terra prelevata nella sua tomba.
Il Beato Gallo non ha mai avuto una festa propria ma nel Martirologio francescano la sua festa era celebrata nel giorno 28 ottobre.

(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Gallo, pregate per noi.

*San Genesio di Thiers (28 ottobre)  

Martirologio Romano: A Thiers in Aquitania, ora in Francia, san Genesio, che si tramanda abbia lasciato questo mondo da martire, avvolto in bianche vesti.
Gregorio di Tours, interessato a tutto dò che concerneva il paese della sua giovinezza, racconta nel De Gloria Martyrum, scritto verso il 586, che, poco tempo prima, un agricoltore del territorio di Thiers, mentre cercava i suoi buoi, vide in sogno Genesio (lat. Genesius; fr. Genès, Genez) che cosi parlò: «in albis positus per martyrium ab hoc mundo migravi», annunciandogli che avrebbe ritrovato i buoi al pascolo tra un’erba abbondante presso una lastra di marmo; gli ingiunse poi di trasportare quella lastra sulla sua tomba vicino ad una strada.
Due soli buoi bastarono a trasportare l’enorme pietra che in condizioni normali, ne avrebbe richiesto diverse paia.
Molti malati vennero a quella tomba e ritrovarono la salute.
San Avito I, vescovo di Clermont (571-594 circa), che fu il primo maestro di Gregorio di Tours, elevò una basilica al martire di Thiers, vi fece eseguire un pavimento di mosaico dalla decorazione orientaleggiante, soprattutto persiana, e la dotò delle reliquie di Genesio d’Arles, che nel 1643 furono ritrovate sotto il pavimento del santuario. In seguito alla basilica fu aggiunto un monastero ed entrambi più tardi ebbero per patrono san Sinforiano.
La città di Clermont ha fissato la festa del Santo di Thiers al 29 ottobre.
Non si conoscono le date della vita di Genesio. Una leggenda senza valore ne fa un giovane greco di Micene, giunto ad Arles con la pia madre Genesia e vissuto presso san Trofino.
Minacciando una persecuzione Dio li invitò a rifugiarsi in Alvernia: qui, nel territorio di Thiers, Genesio fu decapitato il 28 ottobre.
(Autore: Paul Viard - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Genesio di Thiers, pregate per noi.


*San Germano di Talloires - Abate (28 ottobre)
+ Talloires, Francia, 1018
Martirologio Romano:
Ad Annecy nella Savoia, commemorazione di san Germano, abate, che, insigne per amore di solitudine, fondò e resse il priorato di Talloires.
Lo splendido panorama del lago di Annecy, nell’odierno dipartimento francese dell’Alta Savoia, fu il teatro in cui si svolse gran parte della vita terrena di San Germano. Originario forse di Montfort, fu inviato per alcuni anni a studiare a Parigi.
Venne poi invitato a divenire il precettore del futuro San Bernardo di Menthon, cioè il fondatore dei due celebri valichi alpini che portano ancora oggi il suo nome.
Quest’ultimo era nato e viveva nel castello di famiglia, sulla sponda orientale del lago suddetto. Con lui Germano tornò a Parigi per guidare gli studi del giovane allievo.
Fece infine ritorno in Savoia e si ritirò nei pressi di Talloires per condurre vita solitaria. Il Martyrologium Romanum, che lo commemora in data odierna, lo qualifica quale abate, forse perchè guidò una comunità di discepoli raccoltisi sotto la sua guida.
La località di Saint-Germain-de-Joux tramanda ancora oggi la memoria del nome del santo.
Il Lectionnaire Emmaüs riporta un breve testo attribuito a San Germano: “Quand tu as accomplis ce que le Seigneur te proposait de faire, ne cherche ni la gloire, ni même la satisfaction.
Ce qu’il te propose encore, c’est de le rejoindre là où il est, dans le silence de sa prière, le soir, seul dans la montagne.
Sur le chemin qui mène à sa Résurrection, en assumant la croix qu’il nous faut prendre avec lui”.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Germano di Talloires, pregate per noi.

*San Gioacchino Royo Perez - Martire in Cina (28 ottobre)

Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Martiri Cinesi” (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni)

Hinojosa (Teruel, Aragona), 4 ottobre 1691 – Fuchen (Cina), 28 ottobre 1748
Padre Gioacchino Royo Perez nacque a Hinojosa, diocesi di Teruel in Aragona, il 4 ottobre 1691 e a 18 anni, entrò fra i domenicani del convento di Nostra Signora del Pilar di Valenza, facendovi la professione un anno dopo.
Prima ancora di ricevere l'ordinazione sacerdotale, a ventun anni il domenicano Royo venne destinato come missionario alle missioni cinesi.
Qui lavorò alacremente, evangelizzando la popolazione del Fukien per trentatré anni, finché a seguito della persecuzione anticristiana in atto, fu arrestato e processato insieme a quattro confratelli.
Furono condannati alla pena capitale il 18 dicembre 1746; restarono in carcere circa due anni, perché la sentenza fu eseguita nell'ottobre 1748 mediante soffocamento. Le reliquie dei martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di San Domenico. (Avvenire)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: Nel Fujian in Cina, Santi martiri Francesco Serrano, vescovo, e Gioacchino Royo, Giovanni Alcober e Francesco Díaz del Rincón, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che confermarono la stessa fede affrontando lo stesso martirio.
La presenza del Cristianesimo e segnatamente del Cattolicesimo, ha avuto sin dal XII secolo, nel quale cominciò ad affacciarsi in Cina, degli alti e bassi e purtroppo anche ricorrenti sanguinose persecuzioni, con centinaia di missionari e migliaia di fedeli uccisi in odio alla fede cristiana.
Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano san Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con
Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi, dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.
Padre Gioacchino Royo Perez nacque a Hinojosa, diocesi di Teruel in Aragona, il 4 ottobre 1691 e a 18 anni il 24 marzo 1709, entrò fra i domenicani del convento di Nostra Signora del Pilar di Valenza, facendovi la professione un anno dopo, il 25 marzo 1710 e prima ancora di ricevere l’ordinazione sacerdotale, il domenicano Royo venne destinato come missionario appena ventunenne, alle missioni cinesi.
Qui lavorò alacremente, evangelizzando la popolazione del Fukien per trentatré anni, finché a seguito della persecuzione anticristiana in atto, fu arrestato e processato a Fuchen, la capitale del Fukien, insieme ai quattro confratelli e conterranei sopra citati.
Essi furono condannati alla pena capitale il 18 dicembre 1746; quattro di loro, escludendo mons. Sanz, ucciso un anno prima, restarono in carcere circa due anni, perché la sentenza fu eseguita la sera del 28 ottobre 1748 mediante soffocamento.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di San Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da papa Leone XIII e canonizzati da Papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio, 28 ottobre.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Gioacchino Royo Perez, pregate per noi.

*San Giovanni Alcober - Domenicano, Martire (28 ottobre)

Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Martiri Cinesi” (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni)

Granada, 25 dicembre 1694 – Fuchen, 28 ottobre 1748
Martirologio Romano:
Nel Fujian in Cina, Santi martiri Francesco Serrano, vescovo, e Gioacchino Royo, Giovanni Alcober e Francesco Díaz del Rincón, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che confermarono la stessa fede affrontando lo stesso martirio.
La presenza del Cristianesimo e segnatamente del Cattolicesimo, ha avuto sin dal XII secolo, nel quale cominciò ad affacciarsi in Cina, degli alti e bassi e purtroppo anche ricorrenti sanguinose persecuzioni, con centinaia di missionari e migliaia di fedeli uccisi in odio alla fede cristiana.
Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano San Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di Papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi,
dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.
Il domenicano Giovanni Alcober nacque il 25 dicembre 1694 a Granada e a 15 anni entrò nel convento domenicano di Santa Croce, facendo la sua professione religiosa giovanissimo il 26 dicembre 1710.
Passò poi al convento dei Predicatori di S. Domenico a Lorca, dove restò fino ai 31 anni, quando nel 1725 s’imbarcò per le Filippine.
Dopo tre anni di apostolato nelle già cristiane terre dell’arcipelago, volle partire nel 1728 per le missioni cinesi, dove superando enormi difficoltà, restò ad evangelizzare le generose popolazioni dei villaggi per quasi 20 anni.
Finché nel 1746 venne arrestato in seguito alla persecuzione anticristiana, ostile ai missionari; fu rinchiuso in carcere con altri quattro confratelli, fra cui il vescovo del Fukien mons. Sanz e il suo coadiutore il vescovo mons. Serrano.
Processati a Fuchen la capitale, vennero condannati a morte il 18 dicembre 1746. La sentenza per quattro di loro, escludendo il vescovo Sanz, già ucciso un anno prima, fu eseguita il 28 ottobre 1748, padre Alcober, vittima del suo eroismo missionario, fu strangolato.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di S. Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da papa Leone XIII e canonizzati da Papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giovanni Alcober, pregate per noi.

*San Giovanni Dat - Martire (28 ottobre)  
Martirologio Romano: Nel territorio di Chợ-Rạ nel Tonchino, ora Viet Nam, San Giovanni Đạt, sacerdote e martire, che fu decapitato per Cristo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giovanni Dat, pregate per noi.

*San Giuda Taddeo - Apostolo (28 ottobre)  

sec. I
Il Santo che si festeggia oggi assieme a Simone «il cananeo», pur appartenendo al gruppo dei 12 apostoli, non va confuso con l'omonimo apostolo traditore di Gesù, l'Iscariota. Si tratta infatti di Giuda fratello di Giacomo, detto Taddeo, che significa «magnanimo».
Un nome ben conosciuto dalla tradizione ebraica quello di Giuda: era stato, infatti, di uno dei figli di Giacobbe e dalla tribù di Giuda sarebbe uscita la stirpe dello stesso Messia.
Inoltre, nel secondo secolo avanti Cristo, Giuda Maccabeo era stato un eroe della rivolta giudaica contro Antioco IV. Secondo il racconto dell'evangelista Giovanni al capitolo 14 durante l'ultima cena Giuda Taddeo domanda a Gesù: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui», è la risposta di Gesù.
Dopo l'Ascensione, anche Giuda Taddeo, secondo la tradizione, andò a portare nel mondo l'annuncio di Cristo. Secondo qualcuno, egli avrebbe evangelizzato la Mesopotamia; secondo altri la Libia. Forse anch'egli è morto martire e sarebbe stato sepolto in Persia.  (Avvenire)
Patronato: Casi disperati
Etimologia: Giuda = zelatore di Dio, lodata, dall'ebraico
Emblema: Barca, Bastone, Lancia
Martirologio Romano: Festa dei santi Simone e Giuda, Apostoli: il primo era soprannominato Cananeo o “Zelota”, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo, nell’ultima Cena interrogò il Signore sulla sua manifestazione ed egli gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».
Il suo legame con Gesù
Giuda Taddeo è nato a Cana di Galilea, in Palestina, figlio di Alfeo (o Cleofa) e Maria Cleofa.
Suo padre Alfeo era fratello di San Giuseppe e sua madre cugina di Maria Santissima. Perciò Giuda
Taddeo era cugino di Gesù, sia da parte di padre che da parte di madre. Alfeo (Cleofa) era uno dei discepoli a cui Gesù apparve nel cammino di Emmaus il giorno della risurrezione. Maria Cleofa era una delle pie donne che avevano seguito Gesù fin dalla Galilea e che rimasero ai piedi della croce, nel Calvario, insieme a Maria Santissima.
Giuda Taddeo aveva quattro fratelli: Giacomo, Giuseppe, Simone e Maria Salome. Uno di essi, Giacomo, fu anche lui chiamato da Gesù per essere apostolo. Il rapporto della famiglia di San Giuda Taddeo con Nostro Signore Gesù Cristo stesso, da ciò che è possibile percepire dalle Sacre Scritture, è il seguente.
Tra i fratelli, Giacomo fu uno dei dodici apostoli e divenne il primo vescovo di Gerusalemme. Di Giuseppe si sa che era conosciuto come il Giusto. Simone, un altro fratello di San Giuda, fu il secondo vescovo di Gerusalemme, successore di Giacomo.
Maria Salome, l'unica sorella, era madre degli apostoli San Giacomo Maggiore e San Giovanni Evangelista. Egli era chiamato Giacomo Minore per distinguersi da un altro apostolo, San Giacomo, che essendo più grande veniva chiamato Maggiore.
Si suppone che vi sia stata molta convivenza tra San Giuda Taddeo, suo cugino Gesù e i suoi zii Maria e Giuseppe. Fu certamente questa fraterna convivenza, oltre alla parentela molto prossima, che portò San Marco (Mc 6, 3) a citare San Giuda Taddeo e i suoi fratelli come "fratelli" di Gesù.
Citazioni nella Bibbia
La Bibbia parla poco di San Giuda Taddeo. Essa racconta tuttavia, un fatto molto importante: egli fu scelto da Gesù per essere uno dei suoi apostoli.
Quando i vangeli nominano i dodici discepoli scelti, appaiono sempre i nomi Giuda o Taddeo nell'elenco degli apostoli.
Il nome di Giuda compare anche negli Atti degli Apostoli (At 1,13). Oltre a queste citazioni, suo nipote San Giovanni Evangelista (Gio 14, 22) lo cita tra coloro del collegio apostolico che erano presenti alla Santa Cena, il giovedì santo.
Fu in quell'occasione che, quando Gesù parlava agli apostoli delle meraviglie dell'amore del Padre e assicurava loro una speciale manifestazione di sé stesso, San Giuda Taddeo non si contenne e chiese: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?" E fu allora che Gesú gli rispose affermando che ci sarebbero state manifestazioni di Lui a tutti coloro che avrebbero custodito la Sua parola e che sarebbero rimasti fedeli al suo amore.
In questo fatto dell'Ultima Cena, San Giuda Taddeo dimostra la sua generosa compassione verso tutti gli uomini.
La vita di San Giuda Taddeo
Dopo che gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo, nel Cenacolo a Gerusalemme, la Chiesa di Dio si espanse, ed ebbe inizio l'evangelizzazione dei popoli.
San Giuda Taddeo iniziò la sua predicazione in Galilea. Dopo partì per Samaria e verso altre popolazioni giudaiche. Egli prese parte al primo Concilio di Gerusalemme, che avvenne nel 50.
Più tardi evangelizzò la Siria, l'Armenia e la Mesopotamia (attuale Iran), dove guadagnò la compagnia di un altro apostolo, Simone lo "zelota", che già evangelizzava l'Egitto.
La predicazione e la testimonianza di San Giuda Taddeo si realizzò in modo energico e vigoroso. Egli attrasse e conquistò i pagani di altre religioni, che così si convertirono in gran numero al cristianesimo.
La sua adesione a Nostro Signore Gesù Cristo era completa e incondizionale. Di ciò egli diede testimonianza con la donazione della propria vita. Questo glorioso Apostolo di Gesù dedicò la sua vita all'evangelizzazione. Fu instancabile in questo compito, predicando il Vangelo e convertendo molte anime. I pagani, a cui ciò non piaceva , iniziarono a istigare il popolo contro di lui.
San Giuda Taddeo e San Simone furono arrestati e portati al tempio del sole. Lì si rifiutarono di rinnegare Gesù Cristo e di prestare culto alla dea Diana.
Fu in quell'occasione che San Giuda disse al popolo: "Affinché veniate a conoscenza che questi idoli che voi adorate sono falsi, da essi usciranno i demoni che li romperanno". In quello stesso istante due demoni ripugnanti distrussero tutto il tempio e sparirono. Indegnato, il popolo, incitato dai sacerdoti pagani, si scagliò contro gli apostoli furiosamente.
San Giuda Taddeo fu trucidato da sacerdoti pagani in maniera crudele, violenta e disumana.
San Giuda Taddeo, apostolo e martire, è rappresentato nelle sue immagini mentre tiene in mano un libro che simbolizza la parola di Dio che egli annunciò, e un'alabarda, una specie di lancia che fu lo strumento utilizzato nel suo martirio.
Le sue reliquie attualmente sono venerate nella Basilica di San Pietro, a Roma. La sua festa liturgica è celebrata il 28 ottobre, probabile data del suo martirio avvenuto nel 70 d.c.
In Brasile, la devozione a San Giuda Taddeo è relativamente recente. Essa sorse all'inizio del XX secolo, raggiungendo presto una grande popolarità. Egli è invocato come il santo dei disperati e degli afflitti, il santo delle cause senza soluzione, delle cause perse.
Lettera di San Giuda Taddeo
Secondo la tradizione ecclesiastica, San Giuda Taddeo è ritenuto l'autore della lettera canonica che porta il suo nome. Tutto indica che questa lettera fu indirizzata agli ebrei cristiani della Palestina, poco dopo la distruzione della città di Gerusalemme, quando la maggior parte degli Apostoli erano già morti. Il breve scritto di San Giuda Taddeo è un severo avvertimento contro i falsi maestri, ed un invito a mantenere la purezza della fede.
Si capisce che "La lettera di San Giuda" fu scritta da un uomo appassionato e preoccupato con la purezza della fede e con la buona reputazione del popolo cristiano. L'autore afferma di aver voluto scrivere una lettera diversa, ma avendo sentito i punti di vista errati di falsi professori della comunità cristiana, scrisse urgentemente questa lettera per avvertire la Chiesa ad essere cauta nel loro riguardo.
(Autore: Araldi del Vangelo - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giuda Taddeo, pregate per noi.

*Beato Giuseppe Ruiz Bruixola - Sacerdote e Martire (28 ottobre)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”

Martirologio Romano: Nel villaggio di Gilet nello stesso territorio in Spagna, Beato Giuseppe Ruiz Bruixola, sacerdote e martire, che nella stessa circostanza meritò di portare davanti a Dio onnipotente la palma della vittoria.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Ruiz Bruixola, pregate per noi.

*San Leodardo (28 ottobre)  

Visse a Soissons certamente prima del sec. IX, poiché le litanie dei Santi, composte indubbiamentein quella città al tempo di Carlomagno, recano ilsuo nome insieme a quello di altri Santi locali. Chi era?
Su questo argomento possediamo solo la tradizione tardiva dei breviari della diocesi. Ci è presentato come fornaio addetto al servizio del monastero di Notre-Dame di Soissons che nell'VIII e IX sec. doveva essere doppio, accogliere cioè una comunità di uomini e una comunità di donne.
Egli, tuttavia, non era monaco, e questo è provato dal fatto che fu sepolto fuori della città, nella chiesa di San Martino e non nella chiesa-santuario del monastero, dedicata alla Croce.
Leodardo era dunque un semplice famiglio del monastero (famu-lus, familiaris), forse un sainteur (uomo libero che si è dato in servitù ad un Santo).
La sua festa si celebra il 28 ottobre; le reliquie furono più tardi trasferite nel monastero di Notre-Dame di Soissons.
(Autore: Henri Platelle - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Leodardo, pregate per noi.

*Beata Maria Asumpta (Juliana) Gonzalez Trujillano - Vergine e Martire (28 ottobre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beate Martiri Spagnole" Francescane Missionarie della Madre del Divino Pastore
"Beati 522 Martiri Spagnoli"  Beatificati nel 2013
"Martiri della Guerra di Spagna"  

El Barco de Ávila, Spagna, 19 giugno 1881 – Madrid, Spagna, 28 ottobre 1936
Suor María Asumpta Gonzalez Trujillano, al secolo Juliana, era una suora Francescana Missionaria della Madre del Divino Pastore. Fu un’apprezzata educatrice nelle svariate comunità di cui fece parte. Trascorse il suo ultimo periodo di vita nella Casa generalizia di Madrid, come sacrestana ed economa.
Per mettere in salvo la dote sua e delle consorelle, dopo essersi rifugiata in un appartamento si diresse presso un’ambasciata, ma venne arrestata e, il 28 ottobre 1936, uccisa. Insieme alle consorelle Isabel (María del Consuelo) Remiñán Carracedo e Gertrudis (Dorotea) Llamazares Fernández, è stata beatificata il 13 ottobre 2013 a Tarragona, inserita nel gruppo di cinquecentoventidue martiri caduti durante la guerra civile.
Nacque a El Barco de Ávila il 19 giugno 1881, figlia di Anacleto González e María del Rosario Trujillano, che le diedero il nome di Juliana. Ricevette la Cresima nella sua parrocchia natale il 18 giugno 1885.
Quindici anni più tardi, nel 1900, s’insediò nella parrocchia di El Barco de Ávila una comunità delle Terziarie Francescane della Divina Pastora, fondate nel 1805 da madre María Ana Mogas Fontcuberta (Beata dal 1996), oggi dette Francescane Missionarie della Madre del Divino Pastore. Si occuparono di una scuola per l’educazione dell’infanzia e della gioventù, dando una speciale attenzione ai più bisognosi. Ben presto, Juliana finì con l’andare molto d’accordo con loro, tanto da riconoscere di essere chiamata a seguirne lo stile: il 18 febbraio 1903, quindi, entrò in noviziato e cambiò il nome di battesimo con quello di suor María Asumpta.
Emise i voti temporanei nel 1905 presso la Casa generalizia di calle Santa Engracia a Madrid, dove aveva compiuto il noviziato, ma professò i voti perpetui nella casa di La Coruña, nel 1910.
Insieme alla consorella suor Asunción, fondò una scuola ad Arenas de San Pedro: vi rimase tre anni, come insegnante di economia domestica, insegnando alle bambine taglio e cucito.
Destinata nuovamente in Casa madre, svolse l’incarico di sacrestana, distinguendosi per esattezza al dovere, capacità di sacrificio e una crescente intimità con il Signore.
Nel luglio 1936, seguendo le indicazioni della Madre Generale María de las Victorias Lage Castrillón, abbandonò la casa e si rifugiò con lei in calle Barquillo 3, presso i coniugi Adolfo Cadaval y Muñoz del Monte e Amalia García Lara.
Da lì, il 20 ottobre 1936, si diresse in un’ambasciata, forse quella del Cile, insieme ai due coniugi: voleva depositarvi la dote sua e delle altre monache.
Tuttavia, proprio all’entrata dell’ambasciata, i tre vennero catturati da alcuni miliziani e condotti in una “checa”, ossia un luogo di prigionia e tortura, situato in calle Fomento.
Nella cella dove suor Assunta fu imprigionata c’era anche la madre provinciale delle suore Scolopie.
Costei vide coi propri occhi che lei non si sedette, ma prese ad andare avanti e indietro, pregando il Trisagio. Ogni tanto, poi, l’udiva dire con tono angosciato: «Mi ammazzano».
Alle due pomeridiane entrò nella cella un miliziano con una busta blu, il quale le disse: «Hai la libertà». Questo fatto la calmò, cosicché, quando venne chiamata, uscì tranquillamente. Poco dopo, uscì la signora Amalia García, che gridava di voler salutare suo marito, ma le fu risposto: «Adesso vedrà suo marito». In realtà, era tutto falso: non erano state liberate, bensì condotte alla fucilazione. Era il 28 ottobre 1936.
Il processo canonico per l’accertamento della sua morte in odio alla fede, unito a quelli delle consorelle Isabel (al secolo María del Consuelo) Remiñán Carracedo e Gertrudis (Dorotea) Llamazares Fernández, si è svolto dal 27 settembre 1999 al 15 ottobre 2000 presso l’Arcidiocesi di Madrid ed è stato integrato da un processo rogazionale nella Diocesi di Orense il 17 febbraio 2000. Le tre sono state beatificate a Tarragona il 13 ottobre 2013, incluse nel gruppo di cinquecentoventidue martiri caduti durante la guerra civile spagnola.
(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Asumpta Gonzalez Trujillano, pregate per noi.

*San Rodrigo Aguilar Aleman - Martire Messicano (28 ottobre)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Santi Martiri Messicani” (Cristoforo Magallanes Jara e 24 compagni)
“Martiri Messicani”
Emblema:
Palma
Martirologio Romano: Nel villaggio di Ejutla in Messico, San Roderico Aguilar, sacerdote e martire, che, impiccato dai soldati a un albero nel corso della persecuzione, portò gloriosamente a compimento il martirio che tanto aveva desiderato.
Nacque a Sayula, Jalisco (Diocesi di Ciudad Guzman) il 13 marzo 1875. Parroco di Unión de Tula, Jalisco (Diocesi di Autlán). Sacerdote poeta molto sensibile sia di cuore che di fede.
All'alba del 28 ottobre 1927 lo condussero sulla piazza di Ejutla.
Agganciarono un cappio ad un grosso ramo di albero di mango e lo posero al collo del sacerdote.
Poi vollero provare la sua forza e con arroganza gli chiesero: "Chi vive?".
La valorosa risposta fu: "Cristo Re e la Santa Maria di Guadalupe!". Allora la corda venne tirata con forza ed il signor parroco Aguilar restò appeso. Si fece nuovamente scendere e di nuovo gli chiesero: "Chi vive?".
E per la seconda volta, con voce sicura rispose: "Cristo Re e Santa Maria di Guadalupe!". Un nuovo identico supplizio e quindi, per la terza volta la stessa domanda: "Chi vive?".
Il martire agonizzante, sussurrandole rispose: "Cristo Re e Santa Maria di Guadalupe!".
(Autore: Mons. Oscar Sánchez Barba, Postulatore – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Rodrigo Aguilar Aleman, pregate per noi.

*Beato Salvatore Damiano (Salvador Damian) Enguix Garès - Martire (28 ottobre)  
Alcira, Spagna, 27 settembre 1862 – 28 ottobre 1936
Fedele laico dell'arcidiocesi di Valencia, in Spagna, Salvador Damian Engiux Garès, nacque il 27 settembre 1862 ad Alcira e fu battezzato il giorno seguente nella chiesa parrocchiale di santa Caterina. Fu un uomo di grande fede, generoso nel lavoro e buono di carattere.
Membro dell'Azione Cattolica, fondò l'adorazione notturna nella sua città. Vedovo con cinque figli, ex-veterinario ormai in pensione, allo scoppio della guerra civile e della feroce persecuzione religiosa che attraversò la Spagna, il 6 agosto 1936 venne incarcerato.
Fu poi liberato per un breve periodo prima di essere nuovamente bloccato e imprigionato. Ha vissuto i giorni di prigionia nella fede e nella preghiera.
Il 28 ottobre 1936 venne assassinato.
Il Papa Giovanni Paolo, II l'11 marzo 2001, ha elevato agli onori degli altari 233 vittime della stessa persecuzione, tra cui il Beato Salvador Damian Engiux Garès, che viene festeggiato nell'anniversario del suo martirio.  (Avvenire)
Martirologio Romano: Ad Alzira nel territorio di Valencia in Spagna, beato Salvatore Damiano Enguix Garés, martire, che, padre di famiglia, durante la persecuzione, portò a termine il combattimento per la fede.
Salvador Damian Engiux Garés, fedele laico dell’arcidiocesi di Valencia, nacque il 27 settembre 1862 ad Alcira in Spagna e fu battezzato il giorno seguente nella chiesa parrocchiale di Santa Caterina.
Fu un uomo di grande fede, generoso nel lavoro e pacifico di carattere. Membro dell’Azione Cattolica, fondò l’Adorazione Notturna nella sua città.
Vedovo con cinque figli, ex-veterinario ormai in pensione, allo scoppio della guerra civile e della feroce persecuzione religiosa che attraversò la Spagna il 6 agosto 1936 fu incarcerato, poi liberato ed infine incarcerato definitivamente alla fine di ottobre. Dopo una prigionia vissuta nella fede e nella preghiera, il 28 ottobre 1936 fu assassinato.
Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001 elevò agli onori degli altari ben 233 vittime della medesima persecuzione, tra le quali il Beato Salvador Damian Engiux Garés, che viene festeggiato nell’anniversario del suo martirio.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Salvatore Damiano Enguix Garès, pregate per noi.

*San Salvio di Amiens - Vescovo (28 ottobre)  

Martirologio Romano:
Ad Amiens in Neustria, sempre in Francia,
San Salvio, vescovo, dedito fin dalla giovinezza agli studi teologici e insigne per integrità di costumi.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Salvio di Amiens, pregate per noi.

*San Silvio - Eremita in Normandia (28 ottobre e 14 maggio)  

VI sec.
San Silvio è un eremita che visse in Normandia intorno al VI secolo.
Questo santo eremita è pressoché sconosciuto, che visse in maniera solitaria nella regione di Bray, ai confini della Normandia e della Piccardia.
Si sa che nel luogo del suo eremitaggio, molti anni dopo fu costruito un monastero chiamato di Sait-Saire-en-Bray.
Si tramanda che a questo monastero l’abate Ansegiso di Fontanelle versò nel IX secolo, una somma di dieci soldi.
Esistono due indicazioni circa la festa di San Silvio nei giorni 14 maggio e 28 ottobre.
L’ipotesi più accreditata per la sua festa è quella indicata dai bollandisti per il giorno 28 ottobre.
(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Silvio in Normandia, pregate per noi.

*San Simone - Apostolo (28 ottobre)  

Cana di Galilea? – Pella (Armenia) o Suanir (Persia), 107
Simone, da Luca soprannominato Zelote, forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli Zeloti, da Matteo e Marco è chiamato Cananeo (Mt 10, 4; Mc 3,18). Secondo la tradizione, subì un martirio particolarmente cruento.
Il suo corpo fu fatto a pezzi con una sega. Per questo è raffigurato con questo attrezzo ed è patrono dei boscaioli e taglialegna.
Patronato: Pescatori
Etimologia: Simone = Dio ha esaudito, dall'ebraico
Emblema: Barca
Martirologio Romano: Festa dei santi Simone e Giuda, Apostoli: il primo era soprannominato Cananeo o “Zelota”, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo, nell’ultima Cena interrogò il Signore sulla sua manifestazione ed egli gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».
Nonostante sia il più sconosciuto degli Apostoli, nella cui lista è solo nominato all’undicesimo posto, numerosissime opere d’arte lo raffigurano, sparse in tutta Italia ed in Europa, a testimonianza di un culto molto diffuso nella cristianità.
Stranamente a differenza degli altri apostoli, le notizie pervenutaci sulle sue origini, sulla sua presenza in seno al collegio apostolico, sulla sua attività evangelizzatrice, sulla sua morte, sono tutte incerte e sempre state controverse negli studi dei vari esperti lungo tutti i secoli.
Quindi siamo obbligati a considerare le varie ipotesi, mancando la certezza per una sola. Prima di tutto Gesù scelse i suoi apostoli guardando solo al cuore degli uomini e li volle appartenenti alle varie correnti del giudaismo di allora, dai farisei ai discepoli di San Giovanni Battista, dagli zeloti a personaggi diciamo appartenenti alla gente comune, come pure un pubblicano.
Simone, per distinguerlo da Simon Pietro, gli evangelisti Matteo e Marco gli danno il soprannome di “Zelota” o “Cananeo”, forse l’appellativo può indicare la sua appartenenza al partito degli Zeloti, i ‘conservatori’ delle tradizioni ebraiche e fautori della libertà dallo straniero anche con le armi, oppure dalla città d’origine cioè Cana di Galilea.
Molti identificano Simone con l’omonimo cugino di Gesù, più noto come Simone fratello dell’apostolo Giacomo il Minore, al quale secondo la tradizione riportata da Egesippo del II secolo,
sarebbe succeduto come vescovo di Gerusalemme dal 62 al 107, anno in cui subì il martirio sotto Traiano (53-117) a Pella, dove si era rifugiato con la sua comunità, per sfuggire alla seconda guerra giudaica.
I Bizantini lo identificano con Natanaele di Cana e con il direttore di mensa alle nozze di Cana; i Latini e gli Armeni lo fanno operare e morire in Armenia.
S. Fortunato vescovo di Poitiers, dice che Simone insieme a s. Giuda Taddeo apostolo, furono sepolti in Persia, dove secondo le storie apocrife degli Apostoli, sarebbero stati martirizzati a Suanir.
Un monaco del IX secolo affermava che una tomba di San Simone esisteva a Nicopsis (Caucaso) dove era anche una chiesa a lui dedicata, fondata dai Greci nel secolo VII.
Altri ancora affermano che Simone visitò l’Egitto e insieme a s. Giuda Taddeo, la Mesopotamia, dove entrambi subirono il martirio, segati in due parti, da qui il loro patrocinio su quanti lavorano al taglio della legna, del marmo e della pietra in genere.
Ma al di là di tutte le incertezze, Simone lo ‘Zelota’ o il ‘Cananeo’, è senz’altro un Apostolo di Cristo e come tutti i discepoli del Signore, prese il suo bastone e percorse a piedi regioni vicine e lontane, per portare la luce della Verità e propagare la nuova religione fra i pagani.
Lo si può paragonare ai tanti discepoli di Cristo, che in ogni tempo hanno lavorato e lavorano nel silenzio e nascondimento per il trionfo del Regno di Dio, senza riconoscimenti eclatanti e ufficiali, in piena umiltà, perseveranza e sacrificio anche cruento della vita.
Simone comunque è sempre rappresentato con gli altri Apostoli, nell’iconografia di Cristo e della Vergine, quindi nelle raffigurazioni del Cenacolo e negli altri momenti comuni degli Apostoli, la Pentecoste e la ‘Dormitio Verginis’.
Nella ‘Leggenda Aurea’ e nel Martirologio Romano egli è accomunato all’altro apostolo San Giuda Taddeo, con il quale si ritiene predicò il Vangelo in Egitto e Mesopotamia e subendo insieme il martirio secondo alcuni scrittori.
La loro festa ricorre il 28 ottobre, a Venezia è a loro dedicata la chiesa di “San Simone Piccolo”.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Simone, pregate per noi.

*Santi Simone e Giuda - Apostoli (28 ottobre)  

I secolo dopo Cristo
Il primo era soprannominato Cananeo o Zelota, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo.
Nei vangeli i loro nomi figurano agli ultimi posti degli elenchi degli apostoli e le notizie che ci vengono date su di loro sono molto scarse.
Di Simone sappiamo che era nato a Cana ed era soprannominato lo zelota, forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli zeloti. Secondo la tradizione, subì un martirio particolarmente cruento.
Il suo corpo fu fatto a pezzi con una sega. Per questo è raffigurato con questo attrezzo ed è patrono dei boscaioli e taglialegna.
L’evangelista Luca presenta l’altro apostolo come Giuda di Giacomo. I biblisti sono oggi divisi sul significato di questa precisazione. Alcuni traducono con fratello, altri con figlio di Giacomo.
Matteo e Marco lo chiamano invece Taddeo, che non designa un personaggio diverso. È, invece, un soprannome che in aramaico significa magnanimo. Secondo san Giovanni, nell’ultima cena proprio Giuda Taddeo chiede a Gesù: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». Gesù non gli risponde direttamente, ma va al cuore della chiamata e della sequela apostolica: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».
L’unica via per la quale Dio giunge all’uomo, anzi prende dimora presso di lui è l’amore.
Non è un caso che la domanda venga da Giuda. Il suo cuore magnanimo aveva, probabilmente, intuito la risposta del Maestro. Come Simone, egli è venerato come martire, ma non conosciamo le circostanze della sua morte. Secondo gli Atti degli Apostoli, però, sappiamo che gli apostoli furono testimoni della resurrezione, e questa è la gloria maggiore dell’apostolo e di ogni discepolo di Gesù.
Martirologio Romano: Festa dei santi Simone e Giuda, Apostoli: il primo era soprannominato Cananeo o “Zelota”, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo, nell’ultima Cena interrogò il Signore sulla sua manifestazione ed egli gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».
Il 28 di ottobre la Chiesa commemora la festa liturgica degli Apostoli:
San Simone
Simone, da Luca soprannominato Zelota (Lc 6, 15; At 1, 13), forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli Zeloti, da Matteo e Marco è chiamato Cananeo (Mt 10, 4; Mc 3, 18).
San Giuda Taddeo
Giuda è detto Taddeo (Mt 10, 3; Mc 3, 18) o Giuda di Giacomo (Lc 16, 16; At 1, 13). Nell’ultima cena rivolse a Gesù la domanda: «Signore come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». Gesù gli rispose che l’autentica manifestazione di Dio è riservata a chi lo ama e osserva la sua parola (Gv 14, 22-24). Una lettera del Nuovo Testamento porta il suo nome.
La loro festa il 28 ottobre è ricordata dal calendario geronimiano (sec. VI). In questo stesso giorno si celebra a Roma fin dal sec. IX.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Simone e Giuda, pregate per noi.

*Santi Vincenzo, Sabina e Cristeta - Martiri (28 ottobre)

Martirologio Romano:
Ad Ávila in Spagna, passione dei Santi Vincenzo, Sabina e Cristeta, martiri, che furono crudelmente uccisi mentre fuggivano da Talavera de la Reina in questa città.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Vincenzo, Sabina e Cristeta, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (28 ottobre)

*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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